di Riccardo Callora
Ecco un libro potente che si legge (anche) con gli occhi del cuore.
Al centro di questa autobiografia, vera, c’è l’amore tra due fratelli nati in una famiglia dell’alta borghesia torinese a distanza di sedici anni l’uno dall’altro.
La superiore età impone al maggiore dei due, Riccardo, una responsabilità quasi paterna nei confronti del fratellino Giorgio Paolo.
Nel romanzo, firmato con uno pseudonimo, l’Autore racconta che è stato lui stesso a desiderare con grande forza l’arrivo del fratellino, a combattere (e sconfiggere) la riluttanza dei genitori non più giovani.
Le vicende narrate corrono dagli anni Quaranta ai nostri giorni.
Riccardo è cresciuto in un’atmosfera glaciale e ha ricevuto un’educazione spartana.
Ciononostante, brilla al Liceo classico (capace di tradurre velocemente le versioni dal greco al latino in tempi record senza passare per l’italiano) e soprattutto si prende cura del fratello sin dalla culla, avvolgendolo di affetto e tenerezza.
Gli spianerà la strada dei giochi, dell’amicizia, degli studi fino ad accompagnarlo alla carriera di architetto di fama internazionale.
Anche Riccardo – con determinazione – percorre la sua strada. Dopo la laurea in Medicina, guadagna stima in proporzione alle sue capacità diagnostiche e terapeutiche. Conquista la libera docenza in Medicina Interna, a 31 anni sale in cattedra. Un primato assoluto.
Affianca i luminari delle cliniche e degli ospedali della Città sabauda fino a diventarne il naturale erede sia in corsia e nelle cliniche private, sia nell’insegnamento universitario sia sulla poltrona da direttore. Amato e stimato da tutti sino al naturale, inesorabile e amaro epilogo finale.
Edizioni Mille, Torino, 2023, pp.368, euro 17,00