Ogni anno nel mondo si registrano 700mila suicidi, 4mila in Italia. Il suicidio è tra le primissime cause di mortalità nei giovani.
Tale gesto estremo non rappresenta unicamente la perdita della persona che si è tolta la vita, ma anche il vuoto che lascia nelle persone che rimangono. Familiari, amici e comunità.
E dunque come (con)vivere con l’assenza di un caro che si è consegnato da sé alla morte? Con il tormento di non aver compreso la sofferenza insormontabile di chi volontariamente ci ha lasciato senza una spiegazione, senza un addio? Con il rimbalzo di responsabilità o con il senso di colpa di non aver còlto i segnali d’allarme e per ciò che, forse, avremmo potuto fare perché non accadesse?
In questo suo libro destinato ai professionisti specializzati nelle relazioni d’aiuto ma anche al lettore comune, Maurizio Pompili – psichiatra, docente ordinario della disciplina alla Sapienza e direttore della Uoc di Psichiatria dell’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea – analizza la complessità e l’impatto del fenomeno suicidario, soprattutto in relazione alle conseguenze traumatiche sui cosiddetti “survivors” nella “postvention”.
Attingendo alla sua esperienza e alle più autorevoli fonti bibliografiche, inclusi gli studi dello psicologo americano Edwin S. Shneidman (1918- 2009) – il pioniere della suicidologia – con cui ha instaurato un lungo rapporto professionale, l’autore ci indica i possibili approcci terapeutici di sostegno per coloro che vivono un lutto così particolare.
Tuttavia la disponibilità, l’empatia e l’ascolto possono bastare – ribadisce nell’epilogo – per aprire un varco nel dolore di chi resta.
Ciò è testimoniato da quattro sopravvissuti al suicidio di un loro caro che raccontano la loro storia.
L’autore si sofferma, inoltre, sulla prevenzione in àmbito scolastico e sull’adozione delle linee guida per una narrazione responsabile del suicidio nei media. Perché romanticizzazione e sensazionalismo potrebbero indurre un aumento dei comportamenti imitativi (Effetto Werther) in chi è particolarmente vulnerabile.
Nel volume è presente un breve excursus storico sul suicidio. Nei secoli scorsi fino alla seconda metà dell’Ottocento i suicidi erano considerati criminali, processati post mortem e puniti con la negazione del funerale e della sepoltura cristiana, con la confisca dei beni destinati agli eredi.
Paola Stefanucci
PER ACQUISTARE IL LIBRO:
Quelli che restano. Vivere dopo il suicidio di una persona cara, di Maurizio Pompili
Roma, 2024, pp. 172, euro 15,00