di Luca Buzzonetti
Clotilde Mancini trascorre felice l’infanzia a Parigi, dove è nata, con i genitori Remo e Liza.
I due, l’uno romano e l’altra londinese di origine nigerina, sono entrambi impiegati al Commissariato per l’energia atomica e le energie alternative nella capitale francese.
La coppia benestante conduce un’esistenza dorata fino a quando all’improvviso e senza un apparente motivo, Liza non rientra più a casa. Remo non si preoccupa affatto per la sua scomparsa, ma si traferisce in fretta e furia a Roma trascinando con sé la figlia.
Comincia un periodo difficile per la bambina, reso ancor più inquieto dalle discriminazioni per il colore della pelle.
Ormai quarantaduenne, Clotilde, divenuta infermiera di Pronto Soccorso, sta ancora cercando una spiegazione plausibile a quel doloroso e traumatico abbandono materno vissuto da piccola.
Il tempo non cancella. Durante un turno di lavoro come tanti, nel box numero 8 dell’astanteria, in un anziano paziente sdraiato su un lettino e in preda al delirio, l’infermiera riconosce suo padre. Erano anni che non si vedevano più.
Dalle sue parole, in apparenza sconnesse, Clotilde scopre le vicende che hanno coinvolto la sua famiglia nello smaltimento illegale delle scorie di uranio dalle miniere del Niger fino all’inaspettato epilogo finale.
L’autore, al suo quarto romanzo, è primario oculista dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Appassionato di recitazione, quarant’anni fa ha fondato la compagnia teatrale “Il Frolloccone”.
Minerva Edizioni, Bologna, 2022, pp. 237, euro 18,00