VIVERE E MORIRE IN TRINCEA. MALATTIE, MEDICINA E PANDEMIA DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE di Marcello Caremani
Una ricca raccolta di dati storici e statistici per raccontare le condizioni di vita dei soldati in trincea durante la Grande Guerra, alla quale seguì nella primavera del 1918 fino all’inverno del 1920 la pandemia di influenza cosiddetta “spagnola”, che contò più vittime del conflitto mondiale.
I soldati che non morirono in battaglia, falciati dalle mitragliatrici o smembrati dagli obici, perirono patendo atroci sofferenze per via delle numerose patologie provocate e, o aggravate dal freddo, dalla pessima e scadente alimentazione, dalle scarse o assenti condizioni igieniche e dal pullulare di topi e parassiti con le conseguenti malattie infettive.
Prevenirle e curarle rappresentò una delle maggiori sfide sanitarie per i medici militari.
Eppure quegli anni drammatici per tutta l’umanità rinvigorirono la ricerca scientifica, sottolinea Marcello Caremani, medico aretino classe 1947, oncologo ed ematologo, che è stato tra l’altro docente alla Scuola di specializzazione in Malattie Infettive all’Università di Siena.
Apparvero nuovi farmaci, nuove tecniche chirurgiche, anestesie più efficaci e nuovi rivoluzionari metodi di antisepsi come la “soluzione (di ipoclorito di sodio) di Carrell-Dakin” e la tintura di iodio in uso ancora oggi.
Arancia Publishing, Torino, 2021, pp. 272, euro 20,00