Dopo l’approvazione della legge, che prevede il cambiamento delle procedure d’ingresso alla facoltà di medicina, sono stati previsti alcuni decreti attuativi e regolamentari. Ma già la stessa legge, che prevede l’abolizione del test d’ingresso sostituendolo con un semestre, ha posto diversi interrogativi e perplessità.
Al fine di dirimere tali incertezze il Ministero ha previsto un Gruppo di lavoro per lo svolgimento di attività di supporto al Ministro per l’analisi, lo studio e l’elaborazione di proposte di revisione. E un Tavolo consultivo per svolgere funzioni di confronto e supporto nelle materie e per le questioni connesse all’accesso e alla formazione nei corsi di studio di area di Scienze della Salute.
Il Ministro ha avuto, anche, un incontro con i presidenti delle principali Conferenze di area medica e sanitaria. In questo incontro è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento della riforma dell’accesso ai corsi di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria, con particolare attenzione ai prossimi passaggi normativi idonei alla definizione, in tempi rapidi, delle materie caratterizzanti del primo semestre, fondamentale per garantire omogeneità, qualità formativa e maggiore equità nei percorsi di selezione ed orientamento.
Un primo decreto attuativo è stato, intanto, approvato dal Consiglio dei Ministri a fine marzo.
Nel decreto, in prima istanza, viene sottolineata una condizione davvero strana per un decreto regolativo. Infatti l’articolo 1 del testo della bozza sottolinea che il provvedimento è finalizzato a “garantire il potenziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN), la qualità della formazione e la sostenibilità del sistema universitario”. Dato che l’introdotta possibilità data agli studenti di iscriversi in maniera libera a medicina, anche se per un periodo di prova di soli sei mesi, consentirà di potenziare il servizio sanitario, resta tutta vedere. Ma nel testo del decreto vi sono altre e più pesanti perplessità.
All’articolo 3 viene espressa una prima, ma non secondaria preoccupazione: “al fine di assicurare la sostenibilità per la frequenza ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico di cui al comma 1, le università, in caso di iscrizione al semestre filtro di un numero di studenti superiore alla propria capacità ricettiva, garantiscono adeguate modalità di erogazione della didattica”.
Preoccupazione che si sostanzia in una forma ancora più incisiva in quanto l’iscrizione al semestre filtro è prevista fino a ben tre volte. Le decine di migliaia di studenti esclusi si moltiplicheranno anche per tre, con buona pace delle strutture di insegnamento.
Su questo aspetto la Crui si è già pronunciata affermando che “l’ingresso di 40-60mila candidati in più è semplicemente impensabile”. Specificando, poi, che le risorse attuali, già insufficienti per gli attuali 20mila studenti, non possono coprire un aumento così consistente.
Ulteriore perplessità alla considerazione esposta è accentuata dall’ affermazione, sempre nel decreto, che “dall’attuazione del provvedimento non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le università dovranno provvedere, ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.
Altro punto critico è, poi, rappresentato dalla disposizione che prevede che le strutture di insegnamento dovranno garantire che i programmi formativi del primo semestre dei corsi siano uniformi e coordinati a livello nazionale. Infatti, considerato che l’accesso al secondo semestre verrà regolato da una graduatoria basata sui crediti formativi (CFU), ottenuti tramite esami obbligatori, c’è il rischio di valutazioni non omogenee tra atenei, a causa di criteri di formazione differenti, con effetti particolarmente gravi anche al momento della valutazione. Il ché aprirebbe a possibili disparità tra gli studenti e inevitabili ricorsi.
Per risolvere questa criticità è comunque allo studio l’introduzione di criteri d’esame uniformi a livello nazionale.
(II puntata, segue)
Claudio Testuzza