Leggere rende più umana la Medicina e il medico. “Leggete” è il consiglio dell’autrice de “L’età fragile”, Donatella di Pietrantonio, fresca vincitrice del premio “Strega”.
Donatella Di Pietrantonio è la vincitrice della settantottesima edizione dello Strega, il più ambìto e influente riconoscimento letterario italiano.
L’odontoiatra, insieme a Mario Tobino – vincitore con “Il clandestino” nel ’62 – sono gli unici due medici scrittori ad aver vinto lo storico premio istituito dalla Fondazione Bellonci e sponsorizzato da Strega Alberti Benevento.
Elogiato dai critici e amato dai lettori, il suo romanzo “L’età fragile” – edito da Einaudi – ha superato, mentre scriviamo, il traguardo delle centomila copie vendute (+100 per cento rispetto all’inizio del premio).
Ogni scrittore sarebbe felice di salire – il primo giovedì di luglio di ogni anno – sul podio nel Ninfeo di Villa Giulia e sorseggiare dalla bottiglia, come tradizione vuole, lo storico liquore giallo oro ottenuto dalla distillazione di settanta erbe, alcune segrete.
Che emozione è stata per la dottoressa Di Pietrantonio?
“Un’emozione indicibile – racconta – speravo di vincere ma francamente non me l’aspettavo”.
La scrittrice, che ci invita a chiamarla semplicemente con il nome di battesimo – Donatella – è attualmente impegnata in un fitto programma di presentazioni del suo libro lungo tutta la Penisola.
Nata nel ’62 ad Arsita, un minuscolo borgo di 700 abitanti nel Teramano, Donatella vive ed esercita la professione di odontoiatra a Penne, in provincia di Pescara. Ed è nell’amato Abruzzo che l’autrice de “L’età fragile” trova l’humus ideale e fecondo per coltivare le sue storie.
PREDESTINATA
L’odontoiatra approda alla letteratura all’età di 50 anni, nel 2011, con il romanzo “Mia madre è un fiume” che ne ha svelato la non comune abilità narrativa. L’opera, vincitrice del Premio Tropea, è incentrata sul legame indissolubile tra una madre in balia dell’Alzheimer e una figlia, che oscilla tra amore e odio, nostalgia e rifiuto.
Da allora, la scrittrice abruzzese colleziona un premio dietro l’altro: nel 2014 partecipa per la prima volta allo Strega con “Bella mia”, la storia di una donna che nel dopo terremoto del 2009 a L’Aquila dovrà inventarsi madre. E vince il premio Brancati.
Tre anni fa, ormai autrice di best-seller, sfiora la vittoria allo Strega arrivando seconda con la sua opera “Borgo Sud”, preceduta solo da Emanuele Trevi con il suo “Due vite”.
A renderla celebre nel mondo, però, è il romanzo “L’Arminuta”, pubblicato nel 2017 e tradotto in 30 lingue.
Il libro pluripremiato (Campiello, Napoli, Alassio) diventa un film per il grande schermo per la regia di Giuseppe Bonito. Per la sceneggiatura – insieme a Monica Zapelli – si aggiudicherà il David di Donatello 2022.
Ma dove trova l’ispirazione?
“È la storia a trovare me – dice – in fondo è così: siamo tutti immersi nelle storie del mondo. Tutti veniamo in contatto con le storie e le vite degli altri. A volte accade che in questi ‘sfioramenti’ resti un’impressione più profonda e duratura, che corrisponde a un ricordo, un tormento, un dolore. Lì scatta l’urgenza di scrivere”.
Talvolta, le capita anche mentre sta svolgendo la sua prima professione.
“Una volta, in preda ad un pensiero ineludibile e non rinviabile – ci confida – ho annullato l’appuntamento con un paziente e mi sono messa a scrivere velocemente sul ricettario, lì a portata di mano, con il fiato in gola. Ora me ne vergogno un po’, ma se non l’avessi fermata subito, quell’idea mi sarebbe scappata e non l’avrei più ritrovata”.
“Per scrivere mi alzo molto presto, non oltre le cinque del mattino. Sono un’allodola. Non ho bisogno nemmeno di puntare la sveglia. A svegliarmi sono i personaggi che vogliono essere raccontati, le idee che chiedono di essere stese sulle pagine”.
“Per anni e anni ho disperatamente cercato ogni giorno di conciliare l’una e l’altra parte della mia vita: odontoiatria e scrittura”.
LA PENNA
“L’età fragile” è ispirato ad un fatto di cronaca nera avvenuto il 20 agosto diciassette anni fa sul Monte Morrone. Un pastore macedone aggredì a morte tre giovani escursioniste. Ne sopravvisse solo una, che si finse morta.
Tuttavia, puntualizza la scrittrice, quell’episodio molto grave avvenuto in Abruzzo ne è solo il punto di partenza.
“Quella storia io l’ho trasfigurata, trasformata e saldata alla mia ‘ossessione’ narrativa, le relazioni familiari. In particolare, quelle tra madre e figlia, tema ricorrente presente in tutti i miei romanzi”.
“Nei miei libri – continua Donatella – solitamente la voce narrante è quella di una figlia adulta. Ne ‘L’età fragile’ prende la parola una madre di mezza età, Lucia, che vorrebbe tenere al riparo da tutto la giovane figlia, Amanda, studentessa universitaria a Milano tornata a casa durante il lockdown pandemico”.
IL PUBBLICO
L’apprezzamento più bello che un lettore le abbia fatto è stato durante un firmacopie.
“Un ragazzo sui trent’anni ha voluto la dedica per sua madre, perché mi ha detto ‘Leggendo questo libro (L’età fragile, ndr) per la prima volta mi sono messo nei panni di mia madre e ho capito quanto lei abbia sofferto nel rapporto con me”.
Ad accoglierla in ambulatorio, dopo la vittoria – racconta – ha trovato fiori e disegni dei suoi piccoli pazienti. Su uno, firmato Filippo, campeggia la scritta “Doppietta”, in riferimento alla doppia vittoria dei premi “Strega” e “Strega Giovani”.
VIVA LA LETTERATURA
Ai colleghi medici, Donatella raccomanda di leggere.
“Capisco che i ritmi di lavoro siano molto pressanti e il carico di lavoro molto gravoso, ma mi sento di sostenere l’importanza della lettura, di allontanarci ogni tanto da tutto ciò in cui siamo presi e provare ad abitare per qualche ora altri mondi”.
Leggere rende più umana la Medicina e il medico. “Leggete” è il suo consiglio imperativo.
“Se proprio non si trova il tempo – suggerisce, pragmatica – si può approfittare degli audiolibri, ascoltabili durante gli spostamenti in macchina”.
La lettura – conclude – apre mondi in cui diversamente non potremmo mai entrare.
Paola Stefanucci