Si è fatto un gran parlare del concordato preventivo biennale sui redditi 2024 e 2025. Ma di cosa si tratta? E soprattutto, aderirvi può convenire ai medici e ai dentisti? In buona sostanza, l’istituto a cui si può aderire entro il 31 ottobre 2024 contestualmente alla dichiarazione dei rediti, è un patto tra contribuente e Agenzia delle entrate sui redditi da dichiarare e sulle tasse da pagare. La possibilità è aperta a chi ha una partita iva ordinaria (o meglio, a tutti quelli che l’Agenzia delle Entrate chiama “soggetti Isa”) e a chi ha la partita Iva con regime forfettario (in quest’ultimo caso il concordato preventivo si applica, in via sperimentale, solo per il 2024).
QUANTO SI RISPARMIA
Il concordato funziona così: il fisco ti propone un reddito da dichiarare, solitamente più alto di quello dichiarato l’anno precedente. Chi accetta la proposta e aderisce al concordato preventivo è escluso dagli accertamenti tributari e gli eventuali maggiori redditi conseguiti durante il biennio 2024 e 2025 non vengono considerati ai fini del calcolo delle imposte.
Inoltre, sulla parte di reddito concordato che eccede il reddito dichiarato nel periodo d’imposta antecedente (il 2023), verrà applicata un’imposta sostitutiva.
Per i soggetti Isa (comprese le partite Iva con regime ordinario) l’imposta che sostituisce l’Irpef varia dal 10 al 15 per cento. Invece le partite Iva forfettarie che pagano il 15 per cento si troveranno a pagare il 10 e quelle che pagano con aliquota del 5 per cento pagheranno il 3 per cento.
Ad esempio, prendiamo il caso di una partita Iva forfettaria che paga il 15 per cento di tasse, che per il 2023 ha dichiarato 30mila euro. Se accetta la proposta di concordato a 38mila euro e alla fine realizza 43mila euro di reddito, sugli 8mila euro che superano il reddito realizzato in precedenza andrà a pagare il 10 per cento di tasse invece che il 15, mentre sui 5mila euro che superano la proposta dell’Agenzia delle entrate pagherà zero tasse. Il contribuente di quest’esempio risparmierebbe 1.150 euro di tasse.
LA PROPOSTA VA CALCOLATA
Diversamente da quanto le comunicazioni ufficiali lasciavano intendere, l’Agenzia delle Entrate non ha inviato alcuna “proposta” ai contribuenti interessati: nessuna lettera, nessuna Pec, nessuna comunicazione del cassetto fiscale. Inutile cercare.
Il reddito “proposto” va invece ricavato con un calcolo, da fare scaricando un software dal sito dell’Agenzia delle entrate o inserendo dei dati nella dichiarazione precompilata di quest’anno. Noi del Giornale della previdenza abbiamo provato a entrare nella precompilata di un professionista forfettario, ma siamo riusciti a ricavare la cifra ipotizzata dal fisco.
Vista la complessità dei passaggi l’unica soluzione appare quella di rivolgersi al proprio commercialista. E non solo per valutare, conti alla mano, la convenienza di aderire al concordato preventivo, ma anche solo per capire quale sia questo fantomatico reddito “proposto”.
ARRETRATI DALL’ACN
Chi ha un reddito stabile nel tempo tendenzialmente non ha interesse ad aderire al concordato preventivo. L’adesione potrebbe invece essere conveniente, ad esempio, per un medico di famiglia che incasserà arretrati importanti, previsti dal nuovo Acn, e potrà così realizzare un reddito maggiore di quello stimato nella proposta dell’Agenzia delle entrate sulla base dei dati dello scorso anno. Ma ogni valutazione va fatta comunque caso per caso e conti alla mano.
SANATORIA DAL 2018 AL 2022
C’è poi da dire che solo chi aderisce al concordato preventivo ha la possibilità di accedere anche all’ultima sanatoria. Per rendere più appetibile l’accordo tra lavoratori e Agenzia delle entrate, il “decreto omnibus” (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 246 del 19 ottobre 2024) ha, infatti, previsto un ravvedimento speciale per la sanatoria sui redditi non dichiarati dal 2018 al 2022.
PREVIDENZA
Dal punto di vista previdenziale, invece, aderire o non aderire al concordato preventivo non cambia nulla. L’Adepp, l’associazione delle Casse dei professionisti, ha chiarito che la misura non produce effetti sugli obblighi contributivi dei propri iscritti. In altre parole i medici e gli odontoiatri pagheranno la Quota B comunque sul reddito effettivamente prodotto e non sul reddito “proposto” dall’Agenzia delle Entrate.
Antioco Fois