C’è chi parte con la speranza di fare una vacanza all’estero e un impianto dentale a prezzi scontati, per poi scoprire di avere portato a casa solo ulteriori problemi di salute. Sono molte le vicende segnalate alla Cao di pazienti vittime del fascino effimero del “turismo dentale”, a cui sono stati fatti lavori in tutta fretta, magari estratti anche i denti sani e al loro ritorno devono confrontarsi con gravi infezioni e impianti da rifare ex novo. Il bilancio spesso è un rischio per la salute, nessun risparmio e nemmeno la possibilità di rivalersi sui dentisti che cui ci si è affidati oltre confine.
La Commissione albo odontoiatri ha chiesto l’intervento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della Federazione italiana editori giornali, contro le campagne che propongono pacchetti “tutto incluso” per vacanze all’estero e cure odontoiatriche a basso costo.
Pubblicità che la Cao descrive come spesso suggestive, quasi sempre omissive su rischi e controindicazioni, se non propriamente ingannevoli, in ogni caso, contrarie alla normativa italiana. Pubblicità che però è spesso impossibile bloccare proprio perché gli studi e spesso anche i server dei siti Internet che li ospitano hanno sede all’estero.
A tutela dei pazienti italiani, il presidente nazionale Cao, Raffaele Iandolo, ha quindi scritto all’Agcom e alla Fieg, per sensibilizzare sul fenomeno e per sollecitare interventi di regolamentazione e vigilanza.
“Sono molte le segnalazioni – scrive Iandolo – da parte di colleghi ma anche di cittadini, di messaggi pubblicitari, promossi soprattutto sulle testate online, non conformi con quanto previsto dalla nostra legislazione. Occorre sottolineare che a causa della crisi economica degli ultimi anni, la tendenza al turismo dentale è ormai ampiamente diffusa in Italia, con mete più ‘gettonate’ i Paesi dell’Est”.
“Con l’obiettivo di tutelare la salute dei cittadini – aggiunge il presidente nazionale Cao – questa Commissione valuterà la possibilità di segnalare all’authority gli editori che diffondono messaggi pubblicitari palesemente in contrasto con le norme sull’informazione sanitaria”.