La giornata di confronto sul tema della transizione verso la digitalizzazione della medicina si è aperta con una tavola rotonda dedicata alla trasformazione del sistema salute alla luce del Pnrr.
“Viviamo una stagione bellissima per i ricercatori perché si aprono frontiere interessantissime di approfondimento – ha detto nel suo intervento il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro –. Stagioni come queste però, devono essere gestite con attenzione e grande rigore scientifico e con la consapevolezza che accumuliamo conoscenze gradualmente. E allora una piattaforma come Tech2Doc è proprio un modo per aggiungere passo dopo passo conoscenze che aiutano a capire meglio l’impatto delle tecnologie, ma anche per comprendere come l’essere medici e l’essere professionisti della salute deve cambiare”.
A seguire ha preso la parola Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici e degli odontoiatri Filippo Anelli: “In un prossimo futuro avremo computer e algoritmi che ci aiuteranno a fare diagnosi sempre più precise, ma tutti i dati dovranno essere interpretati – ha messo in guardia Anelli –. Il dato della macchina dovrà infatti essere calato nella realtà del singolo paziente, e quindi la relazione e il principio di comunicazione diventano straordinariamente essenziali. I dati dovranno essere cuciti sulla persona che il medico avrà di fronte, comprensivi anche di un vissuto personale e sociale che l’individuo pone. Lo sviluppo del medico del futuro dovrà essere dunque quello di imparare, anche attraverso una piattaforma come Tech2Doc, a usare e gestire bene gli strumenti tecnologici per migliorare sempre più la comunicazione tra medico e cittadino”.
E il ruolo svolto dalle conoscenze tecnologiche nella formazione dei medici del futuro è stato sottolineato con forza da Stefania Basili che guida la conferenza dei presidenti dei corsi di laurea in medicina: “Nel percorso di formazione degli studenti di medicina ci interessa includere un certo grado di conoscenza tecnologica, ad esempio nella gestione dei big data, che sono stati così importanti durante la pandemia. In questo senso, abbiamo ad esempio un corso denominato Medicina High Tech, che insegna, tra le altre cose, proprio cosa sono i big data, come vanno raccolti e come vanno interpretati. Il tutto dando anche grande rilievo alla comunicazione, perché in questo periodo storico abbiamo imparato quanto sia importante trasmettere a un medico le capacità e le conoscenze per comunicare con il mondo esterno che sia esso il paziente, le istituzioni o i media”.
Sulla stessa lunghezza d’onda le parole di Carlo Della Rocca, presidente della conferenza delle Facoltà e delle scuole di medicina e chirurgia, che in tema di formazione e nuove tecnologie lancia una proposta: “Se noi strutturiamo dei percorsi in cui immaginiamo che una parte dei crediti formativi, a cui tutti i medici sono tenuti, sia fatta su aggiornamenti tecnologici, penso che faremmo una cosa buona. Gli strumenti infatti ci sono e possono essere sfruttati. La vera sfida sarà poi quella, non solo di avere questi strumenti, ma di saperli utilizzare bene e in maniera diffusa, e oltretutto preparare la popolazione ai benefici che ne potranno venire”.
Più cauto invece l’atteggiamento di Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe che mette in guardia da qualche possibile criticità: “L’obiettivo ultimo della formazione continua non deve essere quella di acquisire nuove conoscenze e nuove competenze, ma modificare i comportamenti professionali, e questo non vale solo per i medici ma per qualsiasi altra professione. Io posso acquisire tutte le conoscenze tecniche, ma se torno sul mio posto di lavoro e continuo a fare quello che facevo prima, non serve a nulla, e questo anche perché tante professioni sanitarie sono fortemente condizionate dalla resistenza al cambiamento. Il rischio dunque – ha concluso Cartabellotta – è che tutto il sistema della formazione continua sia diventato un ‘creditificio’ proprio perché non si riesce a misurare quali siano gli impatti dei corsi di formazione sulle modifiche dei comportamenti professionali”.
Su quelle che potranno essere alcune ricadute pratiche dell’adozione delle tecnologie in ambito medico-professionale, si è soffermato infine l’intervento di Silvestro Scotti, consigliere di amministrazione Enpam nonché segretario generale della Fimmg: “Tutto lo sviluppo tecnologico, che dovrebbe diventare un mezzo del professionista intellettuale, dovrebbe aiutare il medico non solo ad avvicinarsi a un miglioramento del risultato finale in termini diagnostici. Ma dovrebbe anche permettere una riduzione del contenzioso, lasciando una traccia registrata delle procedure adottate. E credo – ha concluso Scotti – che questo serva al Servizio sanitario nazionale non solo in termini assistenziali, ma anche economici”.
La tavola, rotonda è stata moderata dal giornalista Francesco Giorgino, nella sua veste di docente di comunicazione e marketing della Luiss Guido Carli di Roma.