La commissione Bilancio del Senato ha concluso domenica 17 dicembre l’esame del Ddl di bilancio con la manovra 2024. Tra le proposte di modifica approvate dalla commissione c’è un emendamento del governo all’articolo 33 della manovra: salve dai tagli inizialmente previsti le pensioni di vecchiaia di medici, dipendenti di enti locali, maestri e ufficiali giudiziari.
Con la nuova formulazione della norma, quindi, eviteranno i tagli (conservando il regime precedente):
- coloro che arriveranno alla cessazione dal servizio o al collocamento a riposo d’ufficio per limiti di età o di servizio;
- i soggetti che maturano i requisiti per la pensione sia di vecchiaia sia anticipata entro il 31 dicembre 2023.
PENSIONI ANTICIPATE
I tagli sulle pensioni degli statali ex iscritti agli Istituti di Previdenza del Ministero del Tesoro (e fra questi i medici già iscritti alla CPS, Cassa Pensioni Sanitari, poi confluita nell’Inpdap, infine assorbito dall’Inps) colpiranno dunque solo le pensioni anticipate maturate a partire dal 1° gennaio 2024. Su queste pensioni, poi, oltre al taglio della quota retributiva ante 1996, si abbatterà anche (per recuperare la spesa necessaria a tenere indenni le pensioni di vecchiaia) un allungamento delle cosiddette finestre di uscita, attualmente pari a tre mesi, che si amplieranno gradualmente fino a raggiungere i nove mesi dal 1° gennaio 2028.
Per esemplificare, il medico di sesso maschile che raggiungerà il 31 gennaio 2028 i 42 anni e 10 mesi di contribuzione necessari per andare in pensione anticipata secondo la legge Fornero, percepirà il primo rateo di pensione non prima del successivo mese di novembre, e se nel frattempo non avrà compiuto 67 anni subirà anche i tagli della quota retributiva ante 1996, previsti dalla nuova tabella in vigore dal 2024.
RITARDARE CONVIENE
Il taglio sarà comunque più soft per i sanitari che, conseguito il diritto alla pensione anticipata, decideranno di restare in servizio ancora per un certo periodo: il taglio si riduce infatti di un trentaseieseimo, pari al 2,78% per ogni mese in più di permanenza al lavoro, fino ad un massimo di tre anni. Nell’esempio che abbiamo appena fatto, il medico che, giunto ai 42 anni e 10 mesi, deciderà di lasciare il lavoro e attendere la pensione, si vedrà applicare la decurtazione per intero, mentre se invece (come è logico) continuerà a lavorare anche per i nove mesi necessari all’apertura della finestra, il taglio si ridurrà del 25,02%.
A SCELTA FINO A 70 ANNI
Il comma 5-ter dell’articolo emendato consente inoltre ai medici dipendenti che lo desiderano di restare in servizio fino a 70 anni, senza alcuna limitazione. Esso prevede infatti testualmente: “Tenuto conto di quanto previsto dal presente articolo, i dirigenti medici e sanitari del Servizio sanitario nazionale, nonché gli infermieri, possono presentare domanda di autorizzazione per il trattenimento in servizio anche oltre il limite del quarantesimo anno di servizio effettivo e comunque non oltre il settantesimo anno di età”. Medesima facoltà è riconosciuta dal comma 5-quater ai medici nei ruoli dell’INPS e dell’INAIL, al fine di assicurare un efficace e tempestivo assolvimento delle funzioni relative agli accertamenti sanitari per il riconoscimento delle prestazioni di competenza di tali Istituti.
VERSO I 72 ANNI
Sul comma 5-ter si è innestato anche un blitz del Governo che, vista l’attuale carenza di medici, ha pensato di proporre un ulteriore emendamento per trasformare la parola settantesimo nella parola settantaduesimo, e cioè portare l’età pensionabile, su base volontaria, a 72 anni. Di fronte alla contrarietà dei principali sindacati medici e di parte dell’opposizione, visti i tempi piuttosto ristretti per l’approvazione della legge di bilancio, l’emendamento aggiuntivo è stato ritirato, ma l’Esecutivo ha fatto sapere che la proroga a 72 anni rientra fra gli obiettivi da perseguire, e probabilmente verrà riproposta appena possibile, forse all’interno del Decreto Milleproroghe.
Giovanni Vezza