(Foto: ©Lacheev/Getty)Su una platea di quasi 25mila specializzandi dal terzo anno di corso in poi, sono in circa 2.500 a essere assunti negli ospedali italiani come dirigenti medici in formazione in virtù del decreto Calabria. Pochi per colmare l’attuale carenza di camici negli ospedali, secondo Anaao giovani, che chiede la stipula di accordi tra la Regioni per permettere la piena mobilità sul territorio nazionale, così da ampliare la possibilità di lavoro degli specializzandi anche in sedi lontane dalla loro scuola di specializzazione. Una lettura opposta arriva dal mondo delle Università, da dove prevalgono le perplessità sull’effettiva possibilità di certificare il percorso formativo dei colleghi che esercitano in una sede distante dalla scuola.
I NUMERI DEL DECRETO CALABRIA
La questione è sollevata da un report di Anaao giovani, che cita un dato attribuito alla Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale. Il sindacato, come accennato, parla di circa 2.500 specializzandi assunti in base a quella norma concepita durante l’emergenza pandemica per permettere agli specializzandi dal terzo anno in poi di partecipare ai concorsi pubblicati per l’assunzione di medici specialisti a tempo indeterminato nell’ambito del Ssn. La norma, che doveva scadere nel 2025, è diventata strutturale nel decreto bollette, a sua volta in via di conversione in legge.
In base al decreto Calabria e successive modifiche, i medici in formazione che risultano idonei vengono inseriti in una graduatoria separata e secondaria rispetto ai medici specialisti, con la possibilità di essere chiamati a tempo determinato per dividersi tra lavoro e formazione e poi passare automaticamente a tempo indeterminato al conseguimento del titolo post laurea. Gli specializzandi possono lavorare fino a 36 mesi nella rete formativa della propria scuola e fino a 18 mesi in tutti gli ospedali che fanno parte della rete formativa di una scuola di specializzazione della medesima branca. Per accettare un incarico serve il nulla osta della propria scuola di formazione, lo stesso vale per lavorare negli altri ospedali, anche fuori regione, a patto che l’università rediga un progetto formativo individuale da allegare al contratto di lavoro.
ANAAO GIOVANI: MOLTI SPECIALIZZANDI FRENATI
“Oltre il 90 per cento degli specializzandi vogliono essere assunti come dirigenti medici in formazione in moltissimi ospedali, contribuire a risolvere la carenza di personale medico e aumentare la qualità delle cure erogate”, commenta Giammaria Liuzzi, responsabile Anaao giovani. I paletti alle aspirazioni degli specializzandi, secondo il sindacato, sarebbero messi dalle Università. “Assistiamo – dice Liuzzi al Giornale della previdenza – a dinieghi per l’assunzione extra regionale, nonostante la normativa sia chiara e non conceda discrezionalità decisionale”.
GLI ATENEI: SONO MEDICI IN FORMAZIONE, ERA UNA MISURA D’EMERGENZA
Dal mondo accademico e delle scuole di specializzazione inquadrano la vicenda da una prospettiva diversa. Si sta assistendo “alla grave anomalia di strutture che per motivi di emergenza sono costrette a prendere colleghi che non sono ancora specialisti”, secondo Carlo Della Rocca, presidente della Conferenza permanente delle facoltà e delle scuole di medicina e chirurgia e membro dell’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica.
Gli specializzandi assunti in ospedale, per il professore della Sapienza sono quindi “una misura concepibile e legittima in una situazione di emergenza, ma per fortuna la guerra (al Covid-19, ndr) sta finendo e ci auguriamo che anche la possibilità di assumere i medici in formazione abbia un termine”. Mentre il fabbisogno di personale nel Ssn “si tratta di una carenza di specialisti, non genericamente di medici, che potrà essere colmata nei prossimi due-tre anni con il gettito delle coorti di colleghi che termineranno la formazione. Questo sarà possibile grazie al finanziamento di borse che negli ultimi anni ha contribuito a colmare l’imbuto formativo”.
La visione è differente anche sul peso del numero dei medici in formazione assunti nel Ssn. “Circa 2.500 colleghi che hanno una responsabilità di lavoro senza avere terminato il percorso formativo – commenta Della Rocca al nostro giornale – sono tutt’altro che pochi e non mi risulta che da parte degli specializzandi ci sia una volontà così diffusa ad essere assunti negli ospedali”.
“Tutte le Università – aggiunge Della Rocca – hanno stipulato accordi con la propria Regione, per le assunzioni nelle strutture all’interno delle rispettive reti formative e alcuni Atenei hanno stretto accordi con altre Regioni. Che questo venga esteso d’ufficio a tutte Regioni non è auspicabile perché creerebbe difficoltà importanti sulla certificazione dei percorsi formativi, elemento essenziale per il conferimento dei diplomi di specializzazione. Com’è possibile essere assunti in Sicilia e fare la necessaria formazione, anche in presenza, in Veneto?”.
Il rischio, insomma, “è sulla qualità della formazione. Siamo molto favorevoli – conclude l’esponente del mondo accademico – che ogni Università abbia una rete che comprenda tutte strutture accreditate, perché gli specializzandi facciano le loro esperienze. In ogni modo, non dimentichiamo che i colleghi in formazione specialistica rimangono nelle strutture ospedaliere, a prescindere dalla contrattualizzazione, per completare i loro percorsi nelle reti formative. Ma non dimentichiamo che un percorso formativo è diverso da un apprendistato”.
Af