Per i medici pensionati pubblici l’inflazione degli ultimi anni è stata una vera tagliola, non sostenuta, come è stata dalla prevista perequazione. La rivalutazione delle pensioni, conosciuta anche come perequazione automatica, è un meccanismo previsto dalla legge italiana che ha l’obiettivo di adeguare gli importi degli assegni pensionistici all’inflazione.
Il calcolo della perequazione delle pensioni avviene “annualmente”, in base all’adeguamento del costo della vita, dal 1° gennaio di ogni anno. Il riferimento è l’indice dei prezzi al consumo dell’Istat. In particolare, si tiene conto della variazione dell’indice Foi, l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Nel mese di novembre di ciascun anno, il ministero dell’Economia emana un decreto che fissa sia l’indice definitivo per l’anno in corso sia l’indice provvisorio per l’anno successivo.
ADEGUAMENTO PER IL 2025
Per il 2025 è stato previsto un adeguamento (ridicolo) dell’ 0,8 per cento tra l’altro con marcate riduzioni legate all’importo della pensione:
fino a 4 volte il minimo (da 598,61 a 2.394,44 euro) 100% = 0,8%;
da 4 a 5 volte il minimo (da 2.394,44 a 2.993,05 euro) 90% = 0,73%;
oltre 5 volte il minimo (sopra 2.993,05 euro) 75% = 0,6%.
COME ERA ANDATA NEL 2023-2024
Ma nel 2023 e nel 2024 si è assistito ad una vera e propria mattanza. A fronte di un’inflazione galoppante, gli scaglioni di perequazione sono diventati ben sei con percentuali del 100, 85, 53, 47, 37 e 32%.
Ancor più peggiorati nel 2024 :
100% per i trattamenti pensionistici sino a quattro volte il Tm;
85% per i trattamenti tra quattro e cinque volte il Tm;
53% per i trattamenti tra cinque e sei volte il Tm;
47% per i trattamenti tra sei e otto volte il Tm;
37% per i trattamenti tra otto e dieci volte il Tm;
22% per i trattamenti superiori a dieci volte il Tm.
Peraltro le aliquote di perequazione automatica non si applicavano progressivamente per fasce ma in base a scaglioni, ossia sull’intero importo della pensione.
TRA RICORSI E STANGATE
In merito a questo vero e proprio furto sono stati presentati numerosi ricorsi per poter ottenere un recupero dall’inflazione degli anni 2022 e 2023, (8,1 %, nel ’23 e 5,4 % nel 2024) poi, confluirti alla Corte Costituzionale per l’aspetto incostituzionale delle norme adottate. Ma la Corte Costituzionale con la sentenza n. 19/2025 ha tolto ogni speranza ai pensionati, bastonati dall’inflazione, affermando che la perequazione è uno strumento tecnico che serve a garantire l’adeguatezza delle pensioni all’inflazione nel tempo, ma non è un obbligo costituzionale. Il Governo, afferma la Corte, ha fatto bene a salvaguardare gli assegni bassi fino a quattro volte il minimo. Ma anche a tagliare quelli medio-alti in modo proporzionale.
Complessivamente la stretta sulla perequazione fino ad oggi ha già prodotto un risparmio per le casse dello Stato, di oltre 3,5 miliardi nel 2023 (2,1 al netto delle tasse) e di oltre 6,8 miliardi nel 2024 (oltre 4 netti).
ENPAM ADEGUA LE PENSIONI
Fortunatamente per i trattamenti pensionistici dell’Enpam, l’Ente dei medici, non si comporta e non si è comportato analogamente. I pensionati dell’Enpam, a differenza dei loro colleghi iscritti all’Inps e all’ex Inpdap, hanno continuato sempre a godere integralmente dell’adeguamento delle loro pensioni al costo della vita. I provvedimenti adottati dal Governo e dal Parlamento in materia di blocco della perequazione riguardano infatti solo l’Inps e l’ex-Inpdap, ma non toccano la maggior parte delle Casse dei Professionisti. I regolamenti dei fondi Enpam prevedono, e prevedevano anche con l’inflazione più alta che le pensioni vengano rivalutate ogni anno in misura pari al 75 per cento dell’indice Istat, fino al limite di 4 volte il trattamento minimo Inps (2.394,44 euro lordi al mese) e del 50 per cento dell’indice per la quota eccedente, senza alcun tetto.
Claudio Testuzza