
‘Usca’ in campo in Molise (foto: ©Enpam)
Nel piccolo Molise i camici bianchi che si occupano di monitorare a domicilio i malati di coronavirus sono sette. Giovani, alcuni al primissimo incarico dopo la laurea, altri con esperienza di continuità assistenziale, che con tuta e doppia mascherina indosso girano la regione per assistere chi è risultato positivo al tampone.
NEOLAUREATI IN TUTA
Gli uffici le chiamano Usca, unità speciali di continuità assistenziale, nate col decreto legge del 9 marzo per l’assistenza primaria dei pazienti con la positività conclamata al virus.
Sono diventate il nuovo front-office della medicina del territorio, formate da “inviati” dei medici di famiglia nelle case dove la presenza accertata del Covid rende alto il rischio di contagio.
Federica Fici è passata dai banchi dell’università alla prima linea, senza transitare per l’esame di abilitazione. “Non mi sarei mai immaginata un inizio così”, racconta al Giornale della previdenza la 26 enne neolaureata di Campobasso.
Abilitata “d’ufficio” a fine marzo, con in tasca il progetto di specializzarsi in radiologia, ha cominciato a inizio aprile l’addestramento anti-Covid per entrare nell’Usca.
Prima c’è stato il corso per le complesse operazioni di vestizione e svestizione dei paramenti di protezione dal virus, il training in ecografia toracica e il tampone, per garantire che i sette medici reclutati fossero negativi al coronavirus.
Poi l’attesa che arrivassero i dispositivi di protezione individuale e il via appena cinque giorni fa.
“Uno di noi a rotazione raccoglie le chiamate dei medici di medicina generale di tutta la regione e smista le segnalazioni ai tre distretti, che a loro volta contattano i pazienti e intervengono a domicilio nelle situazioni critiche”, spiega il 29enne molisano Marco Mastandrea.
PAESINI MONTANI E BLUETOOTH
“Saremo in servizio fino alla fine dell’emergenza e forse oltre, dipende dall’andamento del contagio”, spiega Davide Di Taranto, medico di 32 anni di Trieste, che in Molise si è stabilito prima per studiare, poi per lavoro e ora con Fici e Mastandrea compone la squadra del distretto di Campobasso.
Per girare tra aree urbane e paesini arroccati in altura, i giovani camici anti-Covid hanno in dotazione kit con tecnologia bluetooth, per misurare saturazione, frequenza e temperatura, che assegnano ai pazienti da monitorare costantemente.
“Qua c’è una situazione abbastanza tranquilla” spiegano i medici, che si trovano a valutare anche quadri clinici complessi, ma sempre con la consulenza in linea del medico curante del paziente.
Con loro, dislocati nelle postazioni di Termoli e Isernia, ci sono Cinzia Pece, 25 enne neolaureata di Campobasso, Giulia Niro, 27, specializzanda in chirurgia generale, Alessandra Camperchioli, 29enne di Termoli specializzanda in patologia clinica e Giovanni Coclite, trentenne di Avellino.
INVIATI SUL CAMPO
“Le Usca che abbiamo costituito sono formate da giovani che si alternano in turni da 12 ore per 36 ore settimanali. Si occupano dei pazienti con positività accertata, asintomatici o paucisintomatici”, spiega Giuseppe De Marco, direttore della Medicina di base, specialistica e ambulatoriale del distretto di Campobasso e responsabile dell’area territoriale del Molise per l’emergenza Covid.
Al fine di “garantire la sicurezza sia degli stessi operatori che dei pazienti”, dalla presidente dell’ordine dei medici di Campobasso, Carolina De Vincenzo, arriva invece l’auspicio per un costante addestramento dei medici delle Usca. Medici che Giuseppe De Gregorio, vicepresidente del locale Omceo, definisce il “braccio armato” della medicina territoriale per i malati di Covid.
GIOVANI, MA TUTELATI
Chi dei giovani camici delle Usca non aveva un’assicurazione l’ha dovuta stipulare, chi l’aveva l’ha integrata prima di entrare in servizio. I medici del porta-a-porta anti-Covid spiegano di essere tutelati da una doppia assicurazione.
La prima, sugli infortuni personali prevista dal bando di reclutamento dell’Azienda sanitaria del Molise, la seconda – pagata di persona – contro il rischio biologico e per la responsabilità civile.
L’importanza di una protezione legale è ribadita da Franco Pagano, consigliere di amministrazione Enpam in rappresentanza del Comitato consultivo della Medicina generale, che sottolinea come non sempre i giovani medici in servizio siano pienamente tutelati da tutti i rischi. “Oltre ai dispositivi di protezione e alla relativa preparazione – spiega Pagano – è fondamentale la copertura assicurativa”.
“Continuo quindi a suggerire alle Asl – continua Pagano – di inserire neolaureati che devono prendere servizio nei turni della continuità assistenziale, in modo da accordare loro le stesse tutele di chi è di ruolo”.
Tra le soluzioni indicate da Pagano ci sono le polizze ad hoc, che facciano da ombrello anche per la responsabilità civile e professionale, “come quelle che si possono stipulare, a prezzi molto convenienti, grazie alle convenzioni tra le associazioni sindacali e le principali compagnie assicurative. Polizze che saranno molto utili anche una volta finita l’emergenza. Dotarsi di un’assicurazione – conclude – è il consiglio che ripeto a tutti i giovani medici che devono iniziare a esercitare”.
Antioco Fois