Il concordato preventivo biennale va verso la proroga, per aprire nuovamente la porta a chi non ha aderito entro il 31 ottobre al patto con il fisco per “congelare” le tasse. Ancora non c’è la firma del governo su un provvedimento che, secondo quanto riportato dal Sole24Ore, potrebbe arrivare a giorni sotto forma di decreto legge. L’ipotesi dell’apertura di un concordato bis era infatti stata anticipata dal viceministro all’Economia, Maurizio Leo, in una recente intervista al quotidiano economico. E, stando alle ultime indiscrezioni, il prolungamento dei termini per l’adesione potrebbe essere stabilito fino al prossimo 10 dicembre.
CHI HA ADERITO
Tra i medici e gli odontoiatri pochi hanno accettato la proposta del Fisco. I commercialisti sentiti dal Giornale della previdenza riportano in media di un’adesione sotto il 10 per cento tra i loro clienti, tra i quali, per alcuni, nessun medico o dentista. Tra i camici bianchi che hanno aderito, molti sarebbero stati più attratti dal beneficio dell’esclusione dagli accertamenti tributari e dalla possibilità di accedere alla sanatoria sui redditi non dichiarati dal 2018 al 2022, che dagli effettivi vantaggi fiscali proposti dal concordato preventivo.
A CHI CONVIENE LA “SCOMMESSA” SULLE TASSE
In attesa del via libera del governo alla proroga, la domanda fondamentale rimane una: a chi conviene aderire all’accordo con l’Agenzia delle entrate? “I contribuenti che hanno aderito sono quelli che con ragionevole certezza si troveranno a pagare meno imposte”, spiega in proposito Andrea Dili, commercialista che esercita a Roma, con clienti i tutta Italia, consulente Andi e collaboratore del Sole24ore.
Sta di fatto che il concordato preventivo non risulta una soluzione universalmente valida per tutti e la convenienza di aderire va valutata conti alla mano e assumendosi una percentuale di rischio. “Non esiste una ricetta univoca che convenga a tutti, per verificare se si tratti di un’occasione da cogliere va valutata per il singolo contribuente”, commenta Maurizio Di Marcotullio, fondatore dello studio DMG & Partners, che opera tra Roma e Milano, e consulente per la Fimmg in materia fiscale e tributaria.
L’aspetto positivo della “scommessa” con il fisco “è che lo Stato – precisa Dili – ti dà la possibilità di conoscere in anticipo elementi rilevanti, primo tra tutti le imposte che si andranno a pagare. Quindi il concordato preventivo in linea di massima potrebbe convenire a chi prevede di realizzare un reddito maggiore di quanto dichiarato nel 2023. Per i professionisti, il rischio rimane legato alla certezza degli incassi e alla capacità di farsi pagare in tempo”. Vale a dire che “i pagamenti che possono essere differiti potrebbero essere incassati nell’anno successivo alle prestazioni fornite. Gli incassi previsti slitterebbero quindi all’anno seguente e ci si troverebbe a dovere rendere conto al Fisco di tributi calcolati su incassi non ancora realizzati”, aggiunge Diego Sini, commercialista titolare di uno studio di consulenza fiscale a Sassari.
Per le partite Iva forfettarie, per le quali il concordato è limitato al 2024, l’esercizio è più facile. Per loro è chiaro che a meno di due mesi dalla fine dell’anno sarà molto più semplice fare una stima sul solo reddito 2024, alla luce della quale valutare la proposta dell’Agenzia delle entrate. La situazione è diversa per il resto della platea che può accedere al concordato, che si trova a fare una previsione anche sui redditi 2025.
TRA ARRETRATI E NUOVI INCARICHI
Conti alla mano, dal momento che la proposta dell’Agenzia delle entrate è calcolata (anche) in base al reddito dichiarato nel 2023, la convenienza è per quanti prevedono di realizzare un reddito maggiore nell’anno in corso e per il prossimo.
Ad esempio, aderire potrebbe essere vantaggioso a quei medici di medicina generale “che nel 2024 e 2025 – spiega Di Marcotullio – effettivamente pensano di ottenere gli arretrati stabiliti dal nuovo Accordo collettivo nazionale”. È il caso di un medico di famiglia che nel 2023 ha dichiarato 100mila euro e ha in vista l’arrivo di circa 20mila euro di arretrati. Se la proposta del fisco si baserà su un reddito stimato inferiore a 120mila euro, il medico si troverebbe a pagare poco o niente sugli arretrati che andrà a percepire. Al contrario, stringere un patto con il fisco potrebbe invece non essere conveniente “per un medico massimalista – continua Di Marcotullio – che non può più incrementare la platea degli assistiti e non esercita attività privata”.
“Detto in maniera molto semplice – spiega Dili – chi nel 2023 ha dichiarato 50mila euro e nel 2024 ha già superato di gran lunga quell’importo potrebbe avere una convenienza ad aderire al concordato. Questo ovviamente sempre a fronte della proposta che gli viene fatta dall’Agenzia delle entrate, che va valutata conti alla mano e facendo una previsione sul 2025”.
Un altro caso pratico di un camice bianco che potrebbe trovarsi a pagare un conto meno salato con il fisco può essere quello “del medico forfettario, che ha iniziato un nuovo incarico a metà del 2023 e lo proseguirà per tutto il 2024. In questo modo, da quella fonte raddoppierà gli introiti, ad esempio da 20mila a 40mila euro”, spiega Gerardo Prete, commercialista titolare di uno studio a Perugia.
Invece, aderire a una proposta del fisco potrebbe non risultare vantaggioso a chi ha avuto un 2024 molto redditizio e prevede minori introiti nel 2025. “Ad esempio – aggiunge Sini – un medico che nel 2024 ha esercitato esclusivamente come libero professionista, ma prevede nel 2025 di essere assunto come dipendente, riducendo l’attività a partita Iva. Il medico in questione ha quindi all’orizzonte impegni che porteranno a un calo fisiologico del reddito autonomo soggetto ai benefici del concordato preventivo. Se il 2024 poteva essere papabile di un’adesione, il 2025 con buona probabilità potrebbe risultare estremamente sconveniente”.
Tutti dettagli sulla meccanica del concordato sono spiegati nell’articolo che puoi trovare qui.
Antioco Fois