Mentre le notizie di questi giorni raccontano che i sindacati della medicina generale sono pronti a scioperare, e si infiamma il dibattuto sugli infermieri “prescrittori”, con l’intelligenza artificiale si fa sempre più vicino lo spettro della sostituzione professionale. Ne parla nel suo editoriale il presidente dell’Enpam, Alberto Oliveti.
Nel quotidiano il medico di famiglia si pone il problema di come farsi sostituire quando arriva Ferragosto o a si avvicina il Natale. Mentre s’interroga su questi aspetti molto pratici, quello stesso medico non si rende magari conto che sopra la sua testa aleggia la nuvola di un altro tipo di sostituzione: quella professionale. C’è infatti chi ragiona di come rendere inutile il medico di famiglia, grazie al ricorso alla tecnologia.
A questo proposito, di recente un musicista ha parlato dell’intelligenza artificiale come morte della creatività e moltiplicazione delle possibilità. Uno stimolo pertinente anche per quel medico alle prese con la nuvoletta incombente che rappresenta la sua potenziale sostituibilità. Il medico di famiglia, infatti, deve fare della creatività il suo tratto distintivo. Perché la relazione individuale si ripropone sempre, si rinnova, si altera e via dicendo.
Le possibilità, prima solo teoriche, oggi sono concrete: l’intelligenza artificiale sta facendo pensare a tanti di poter fare a meno del medico di famiglia. Oppure sta persuadendo che sia possibile schierare un medico totipotente, che possa essere a disposizione di tutti e di chiunque, senza bisogno di avere una
conoscenza longitudinale della persona e del suo percorso. Questa è, appunto, la morte della creatività e l’aumento delle possibilità, quando rapportata alla relazione medico-paziente. Ecco quindi, cari medici di famiglia, la vera partita che è in corso sulla sostituzione.
Spostandoci da una riflessione sulle sfide della tecnologia a un’osservazione su altri cambiamenti in atto, dobbiamo soffermarci sulla sostituzione generazionale che sta avvenendo all’interno della categoria.
I giovani soffrono. Anche con l’apostrofo: i giovani s’offrono alla professione in maniera diversa da come hanno fatto gli appartenenti alla generazione che sta andando in pensione. S’offrono oggi con un’attenzione molto marcata alla conciliazione vita-lavoro, quasi considerando i due aspetti come in contrasto.
Sintetizzando all’estremo: da un lato c’è lo spazio per il lavoro e dall’altro lo spazio per la vita. Cioè, il lavoro inteso come prezzo da pagare per poter realizzare la propria personalità. Un’attività che si spera sia di soddisfazione, ma che non lascerà stupiti se prima o poi si rivelerà un fastidio.
Sembra quindi lontana anni luce la concezione, che impregna la Costituzione italiana, secondo la quale, invece, è proprio nelle formazioni sociali e nel lavoro che si definisce la personalità umana.
Oggi è quantomai il momento di stare a sentire i giovani. Non si faranno imprestare le idee, specie se non le sentono più fondanti per loro.
I cambiamenti sono in atto. Del resto persino la fisica è cambiata: e se dal determinismo siamo passati alla consapevolezza che siamo onda o particella a seconda del momento, di certo non possiamo pensare che la professione e le formazioni sociali, come il sindacato, restino immutate.
Sempre la fisica ci insegna ora a ragionare non per binari ma per campi. Anche nella professione possiamo individuare un campo – quello della relazione con le persone sul territorio – come base di ragionamento per rilanciare la medicina. Senza temere sostituzioni.
Alberto Oliveti
Presidente della Fondazione Enpam