Che cos’è il camice del medico? Cosa rappresenta? Sembrano domande oziose eppure questo speciale capo di vestiario è stato oggetto, anche di recente, di volumi e testi che ne hanno sviscerato gli antecedenti storici e i contenuti attuali. Per “fotografare” pertanto quale sia la reale considerazione del camice, abbiamo posto qualche domanda agli esponenti del settore della salute.
SIGNIFICATO SIMBOLICO
Cominciamo con Filippo Anelli, che, nella duplice veste di medico e presidente Fnomceo ha due concezioni diverse del camice e del suo ruolo nel rapporto medico/paziente. “Più che di due – dice Anelli – parlerei di una stessa visione declinata su due versanti: accertato il significato simbolico quale elemento ‘salvifico’ di cura, il camice può, più in generale, interpretare valori e competenze della professione. Ecco perché – sottolinea – il presidente Mattarella e il ministro Guerini ci hanno chiesto di aprire la sfilata per la Festa della Repubblica, il 2 giugno scorso, indossando il camice”.
Per un medico è più apprezzabile, ad esempio in un’intervista, apparire con il camice/status symbol o farne a meno? “Parafrasando: non è il camice a fare il medico – risponde Anelli – ma sono i valori cui s’ispira a caratterizzare il medico nel rapporto col paziente e renderlo riconoscibile. Indossarlo significa assumersi la responsabilità di qualificarsi come medico e non solo come persona, di presentarsi come parte di una comunità cui portare onore, decoro, rispetto”.
MEDICI VESTITI DA ANGELI
Una doppia visione che traspare anche dalle parole di Raffaele Iandolo, presidente nazionale della Cao. “Se il camice contraddistingue il medico – osserva Iandolo – l’odontoiatra viene investito anche a livello iconografico del ruolo proprio della cura, compresi competenze e valori inerenti la professione”. Negli Stati Uniti alcuni dentisti si travestono da angeli, per curare i bambini. Cosa ne pensa il presidente della Cao? “Può essere un modo per venire loro incontro – replica Iandolo – sublimando la valenza salvifica del camice ed esorcizzando la paura del dentista”.
A questo punto il richiamo al dr. Patch Adams sembra scontato. “Penso alla clownterapia negli ospedali – aggiunge il presidente Cao – dove la figura del medico e dell’infermiere vengono sdrammatizzate. Ben vengano idee e modalità per far accettare le cure ai bambini, anche se bisogna tener conto del diverso contesto e mentalità in Europa rispetto agli Usa”.
Un’attenzione particolare si deve prestare alla scelta e all’uso del camice nel rapporto tra l’odontoiatra e il paziente con “esigenze speciali” che deve riconoscere nel medico una persona di fiducia. “Il paziente disabile è attratto dai colori vividi come rosso, verde e blu – spiega Fausto Assandri, presidente della Società italiana odontoiatria dell’handicap (Sioh) – perché lo aiutano a distinguere e associare luoghi, sensazioni, persone rispetto alla propria realtà”.
“L’esperienza – aggiunge Assandri – fa privilegiare camici di toni blu perché favoriscono calma e creano fiducia, a differenza dei toni rossi che in alcuni soggetti provocano sovreccitazione. E in periodo di Covid, prima di indossare vari Dpi, come maschere Ffp2, caschetti e visiere, è meglio farsi riconoscere dai pazienti, per evitare che provino un senso di disorientamento”.
L’EFFETTO DIAFRAMMA
Se il rivoluzionario dr Patch Adams ricorre al cerone e alle smorfie per minimizzare l’effetto diaframma del camice sul paziente, in altri casi è il camice a scomparire del tutto. Il prof. Giovanni Abbate Daga, ordinario di Psichiatria all’Università di Torino, spiega: “Lo psichiatra utilizza meno il camice per varie ragioni, in primis storiche, perché con la chiusura dei manicomi il medico senza camice ha rappresentato la rottura delle barriere: i pazienti non sono più alienati da segregare, ma persone da comprendere e curare. La seconda – continua il medico – sta nella sostanziale condivisione, tra medico e paziente, della fragilità della condizione umana, perché ognuno di noi ha sperimentato ansia, depressione e, nelle avversità, la tendenza a rifugiarsi nell’immaginario”.
In ogni modo, la semplice vista del camice in alcuni casi è ritenuta rassicurante. “Se c’è una cosa che si impara nelle corsie – sottolinea Abbate Daga – è che più i segnali sono ambigui, più il malato può essere inquieto: in tal caso la chiarezza del camice è un aiuto”.
LA CERIMONIA DELLA DIVISA BIANCA
Indossare il camice per la prima volta, da studente, dà luogo alla cosiddetta “white coat ceremony”. Il presidente della Società italiana di chirurgia orale, Raffaele Vinci, ricorda infatti come storicamente nel camice prevalesse un significato polivalente. “Negli Anni 60/80 – racconta – con il camice indossavi un ruolo, una divisa grazie alla quale facevi il tuo ingresso nell’élite dei depositari della salute. Era un’uniforme con tanto di mostrine, anche se meno evidenti: camice più lungo per i cattedratici, un po’ meno negli assistenti, con doppio petto oppure no, a seconda del grado ricoperto”. Sempre rigorosamente bianco anche se con il progredire degli anni quel colore è andato in disuso, specie in ambiente odontoiatrico.
Per chi volesse approfondire la storia e le implicazioni, questo speciale capo di vestiario è al centro di un recente volume sull’”effetto bianco” curato da Gianna Pamich, titolare di una nota azienda leader del settore,che ne ha sviscerato gli antecedenti storici e i contenuti attuali.
Massimo Boccaletti