Tra il boom dei pensionamenti e l’arrivo di risorse aggiuntive per la formazione nelle cure primarie, la Medicina generale vive un avvicendamento generazionale mai visto prima.
Un momento irripetibile raccontato al Giornale dalla Previdenza dai protagonisti di una stagione che ora passano il testimone, non senza qualche nostalgia.
Dopo quella di Damiano Parretti, pubblichiamo questa settimana la lettera inviata da Giusepp Ressa, medico di medicina generale, iscritto all’Ordine di Roma, 67 anni compiuti lo scorso 5 giugno.
La pensione del dottor “Ex”
L’impostazione della sveglia è sempre alle ore 6:15, ma il selettore è su Off.
Non suona e mi sveglio quando mi va…alle 6:15.
Ho il tempo di farmi il segno della croce, ringraziare Dio di essere vivo ed ammirare, con calma, lo spettacolo della natura che si risveglia con me e che mi si manifesta davanti agli occhi.
Non ho fretta.
Lentamente mi preparo il caffè (non ho apparecchiato la sera prima tutto ciò che mi sarebbe servito la mattina successiva: tazzina e utensili vari), spalmo il miele sulle fette tostate mentre guardo al di là dei vetri della finestra.
Il mio cervello non è più impegnato in pensieri del tipo: avrà superato la nottata il signor X, cosa mi aspetterà oggi in studio, funzioneranno tutti gli apparati telematici e i relativi aggiornamenti dei gestionali, la posta sarà piena di mail, aspettiamo ancora un minuto per accendere il telefonino e sentire i numerosi bip che annunciano i messaggi notturni in giacenza, speriamo che non ci siano intoppi di traffico e la segretaria arrivi puntuale, non mi sento tanto bene ma non ho nessuna struttura da avvertire con telefonate “Sto male, segue certificato Inps” perché la struttura sono io e poi dove lo trovo un collega che mi sostituisca al volo…lo studio non si può fermare, oggi dovrebbe essere il giorno del ritiro dei rifiuti speciali e la signora delle pulizie dovrebbe avvertirmi se può venire il sabato invece del venerdì, speriamo che non se ne vada via come mi ha ventilato, i lenzuolini del lettino da visita sono quasi finiti e tocca ordinarli, come pure le salviettine di carta, quello sciacquone del bagno perde un po’ e chiamerò l’idraulico, chissà se consegneranno in tempo i vaccini richiesti, quella serranda si inceppa sempre e toccherà cercare qualcuno che la sostituisca, andrò al negozio di ferramenta dove hanno sempre una soluzione e, magari, compro uno zerbino nuovo perché mi sembra un po’ consunto.
Ho tutto il tempo di espletare le mie funzioni fisiologiche, la doccia me la faccio canticchiando le canzoni degli anni ’60 di cui ricordo ancora le parole.
Mi metto la tuta perché posso uscire quando voglio, non adesso perché fa freddo, non oggi perché piove o perché semplicemente non mi va.
Posso andare a Villa Pamphili anche tutti i giorni.
I miei pensieri sono tutti rivolti a quale libro leggerò, a quale disco rispolvererò, a quale mansione, che per 42 anni ho considerato insulsa, mi dedicherò.
Arriva la sera, non ho più la ghigliottina delle ore 22:30 per andare a letto, troncando sul più bello la visione di un film, non ho il dovere di essere riposato il giorno dopo per essere al meglio nell’espletare le mie delicate funzioni di medico.
Non ho bisogno di consultare il calendario dell’anno in arrivo per controllare le festività infrasettimanali e dolermi se ci sono perché, inevitabilmente, rallenteranno i ritmi forsennati dello studio di massimalista, caricando il giorno seguente di un peso insostenibile.
Per l’estate i quindici giorni di ferie non sono più un problema, perché solo quindici e poi … non sono in ferie permanentemente?
Dopo qualche tempo, pensi che il tempo libero lo apprezzi se è libero dagli impegni lavorativi ma se è tutto libero, paradossalmente, non lo è più e non te lo godi appieno.
Il tuo ruolo sociale non è di alcuna utilità, non hai più l’orgoglio della professione e la soddisfazione consapevole di servirla al tuo massimo nei confronti dei pazienti, lo studio che era la manifestazione fattuale di quello che eri riuscito a costruire in 42 anni è chiuso, hai avvertito tutti i pazienti via mail e hai affisso un cartello sul portone del palazzo.
Ti chiedi perché nessun giovane lo ha voluto rilevare, eppure tutti lo consideravano un orologio svizzero grazie alla inestimabile opera del tuo braccio destro, la tua impiegata di studio che organizzava il lavoro e ti permetteva di fare solo il medico, nei tempi giusti. O forse aveva ragione il paziente che ti aveva scelto quando eri solo un giovane pieno di belle speranze, con lo studio semideserto, il quale dopo decenni ti dice: “La ringrazio per tutto quello che ha fatto per me, però, caro dottore, si faccia dire che lei ha fatto una vita troppo sacrificata”.
Eppure, quasi non me ne ero accorto, anzi ero contento di condurla in quel modo, con il lavoro sempre al primo posto della mia vita. Sono un dinosauro ed è finita un’era, con l’arrivo dell’inaspettato meteorite, senza capire il perché? Hanno ragione i mammiferi, nuovi padroni del mondo?
Ora sei in pensione e pensi solo a te stesso, quando per 42 anni non lo hai fatto mai, mettendo gli altri sempre per primi.
Hai ricevuto una valanga di messaggi di stima e affetto che hai conservato con cura e hai riletto tante volte, con commozione.
Prima ignoravi tutti i segnali che il tuo corpo ti mandava perché “Sarà una sciocchezza” e il lavoro viene prima di tutto, adesso uno starnuto ti mette in crisi e ti copri ancora un po’ di più con la sciarpa, mai messa prima.
Nessuno ti chiama più in cerca di aiuto, nessuno ti sorride più e ti dice quel “Grazie” che ti riempie il cuore, nessun paziente segue la tua vita condividendo, con messaggi di congratulazioni e di solidarietà, le tue gioie e dolori.
A Natale non farò la selezione dei messaggi di auguri, conservando quelli che mi piacciono di più e farò la fila al supermercato per comprarmi un cesto.
Sei il dottor ex, ex questo ed ex quest’altro: comunque sia un ex.
Però sei tutto tuo.
Ti basta?
Bisogna festeggiare per forza il pensionamento?
Ho pure perso a poker.
L’impostazione della sveglia è sempre alle ore 6:15 ma il selettore è su Off.
* Giusepp Ressa, medico di medicina generale, iscritto all’Ordine di Roma, 67 anni compiuti lo scorso 5 giugno