Diversi modi per esercitare la professione, cinque gestioni previdenziali, tante aliquote contributive.
La complessità del sistema pensionistico dei medici e degli odontoiatri rende difficile farsi un’idea sull’ammontare delle pensioni Enpam. Un dato è certo: fare una banale media aritmetica non permette di avere numeri rappresentativi.
Abbiamo quindi chiesto al Centro studi Enpam di rielaborare i dati sulle pensioni ordinarie dividendo i medici e i dentisti in base alla gestione dalla quale prendono la quota di pensione più alta. La media, poi però è calcolata sommando anche le altre quote minori.
In altre parole: quanto prende di pensione in media un medico di famiglia, considerando anche la Quota A, l’eventuale quota di libera professione e altre eventuali attività da convenzionato svolte durante la sua carriera?
Lo stesso è stato calcolato per chi principalmente prende una pensione da libero professionista, da specialista ambulatoriale o da specialista esterno.
Infine è stata analizzata la pensione Enpam di chi – parliamo principalmente degli ospedalieri – percepisce un assegno pensionistico più cospicuo da un altro ente (es: l’Inps).
Due avvertenze metodologiche: le medie riportate in queste pagine si riferiscono alle pensioni ordinarie che l’Enpam ha pagato nell’anno 2022; gli importi non comprendono eventuali ulteriori quote di pensione pagate da altri enti previdenziali.
MEDICINA GENERALE, CONTRIBUTI SULL’INTERO FATTURATO
I pensionati ordinari che ricevono la pensione prevalente dalla gestione dei medici di medicina generale sono oltre 25mila e percepiscono in media 47mila euro lordi annui. Fra loro ci sono medici di famiglia, pediatri di libera scelta, ma anche addetti alla continuità assistenziale e all’emergenza territoriale convenzionata e alcuni ex 118 passati alla dipendenza. Ad accomunare queste categorie, oltre a una contribuzione cospicua, sempre superiore a quella prevista per la libera professione, anche il fatto di pagarla sull’intero compenso (senza tetto) e senza detrarre le spese sostenute. Il flusso dei contributi arriva direttamente dalle aziende sanitarie pubbliche, che li detraggono alla fonte.
Il fondo dei medici di base ha cominciato a esigere contributi dal primo gennaio 1955.
QUOTA B, LA MEDIA BASSA CHE INGANNA
“Una vita da libero professionista per prendere 16mila euro all’anno di pensione?”. Potrebbe essere un commento pertinente vedendo l’importo medio percepito dai 10.043 medici e dentisti che hanno nella Quota B la propria fonte di pensione principale. Tuttavia si tratta di un dato falsato da vari fattori.
Il primo è che una contribuzione proporzionale sui redditi da libera professione esiste in casa Enpam solo dal 1990 (per gli odontoiatri addirittura dal 1995), mentre le medie sono calcolate sulle pensioni in pagamento nel 2022. Cioè non sono pochi i pensionati che incidono sulla media pur avendo un assegno calcolato su 5-10 anni di Quota B.
Inoltre le aliquote contributive sono sempre state variegate e inizialmente molto contenute (si pensi che nei primi anni quella intera era del 12,5 per cento, e solo fino a un tetto di reddito limitato, mentre il contributo ridotto era del 2 per cento per chiunque avesse un’altra posizione previdenziale).
Le pensioni medie del passato non sono quindi predittive rispetto a quelle future, in tendenziale aumento.
SPECIALISTI AMBULATORIALI, ALIQUOTE LUNGIMIRANTI INSIEME A QUELLA MINI
Sono circa 5.500 i professionisti che ricevono la pensione più alta dalla gestione degli specialisti ambulatoriali. A loro Enpam eroga in media 42mila euro all’anno, con una parte significativa ascrivibile alla libera professione esercitata a latere del rapporto in convenzione.
La gestione accoglie anche specialisti ambulatoriali e addetti alla medicina dei servizi che sono passati a un rapporto di dipendenza mantenendo la posizione previdenziale presso l’Enpam. Oggi tutti, convenzionati e dipendenti, hanno le stesse aliquote contributive. Ma la gestione storicamente ha assicurato prelievi contributivi lungimiranti, che permettono ai pensionati di oggi di beneficiare di assegni adeguati.
Per la libera professione è stata data la possibilità, fino al 2015, di scegliere l’aliquota ridotta del 2 per cento. Dal 2016 per i convenzionati l’aliquota di Quota B è diventata la metà di quella intera, salvo per l’intramoenia, che è consentita anche agli ambulatoriali.
SPECIALISTI ESTERNI, AD PERSONAM A ESAURIMENTO
È la gestione Enpam con gli importi medi pensionistici più elevati, che si riferiscono però a un piccolo numero di professionisti in via d’esaurimento: gli specialisti esterni convenzionati ad personam.
Sono infatti solo 531 a percepire quasi 49mila euro lordi, sorretti da una contribuzione individuale arrivata oggi al 26 per cento. I nuovi specialisti esterni, che esercitano la professione venendo pagati non più direttamente dal Servizio sanitario nazionale ma da strutture accreditate, ricevono invece dal 2004 un contributo del 2 per cento sul fatturato dei committenti.
OSPEDALIERI, QUASI 400 EURO AL MESE CON SUPER RIVALUTAZIONE
La platea più numerosa dei pensionati ordinari Enpam è composta da medici che ricevono l’assegno più cospicuo da un altro ente. È il caso degli ex dipendenti, che tuttavia normalmente dalla Fondazione non percepiscono solo la pensione prevista per tutti (di Quota A), ma un importo superiore del 40 per cento: 4.615 euro lordi annui (contro i 3.270 euro annui che sarebbe la media aritmetica delle pensioni di Quota A di tutti).
Cosa significa? Che la contribuzione di Quota B, per quanto fosse ridotta, nel corso del tempo ha permesso di costruire una piccola integrazione e – dettaglio non trascurabile – ha consentito di evitare la contribuzione ben più onerosa che sarebbe stata altrimenti dovuta sui redditi libero-professionali (ad esempio il 33 per cento prelevato dalle gestioni Inps dei dipendenti o il 24 per cento della gestione separata Inps dei liberi professionisti senza cassa o pensionati, invece del 2 per cento della contribuzione di Quota B).
Infine un dettaglio che pochi conoscono: poiché Enpam rivaluta al 75 per cento dell’inflazione le proprie pensioni fino a quattro volte il minimo Inps (e quelle pagate agli ex ospedalieri vi rientrano), la platea dei pensionati ex dipendenti è quella che beneficia della rivalutazione più alta. Gli ultimi dati parlano di un +4,05 per cento di aumento per la parte di pensione pagata dall’Enpam, mentre la parte Inps – considerando le pensioni medie degli ospedalieri – è aumentata di meno del 2 per cento.
QUOTA A, PER POCHISSIMI RAPPRESENTA LA PENSIONE PRINCIPALE
Fra i 114mila pensionati ordinari Enpam conteggiati a fine 2022, ci sono anche quasi 13mila medici e dentisti per i quali la Quota A costituisce la pensione principale, con un importo medio lordo di poco più di 300 euro mensili (3.792 euro annui).
Numeri che lascerebbero di stucco se non venissero analizzati meglio. In effetti osservando gli anni di nascita si nota che su questi 13mila pensionati con pensione prevalente di Quota A, solo 74 hanno più di 70 anni d’età. Quasi tutti gli altri sono invece camici bianchi che hanno cominciato a percepire questa prima pensione Enpam nell’attesa di maturare i requisiti per richiederne un’altra più cospicua (all’Enpam o all’Inps).
Chi sono invece i pochissimi che vivono con la sola pensione di Quota A? Tendenzialmente si tratta dei liberi professionisti di un tempo che non hanno versato altra contribuzione (si ricordi che prima del 1990 la Quota B non esisteva) o che hanno approfittato della possibilità di ritirare gli altri contributi versati ad altre gestioni dell’Enpam, rinunciando alle relative pensioni che sarebbero spettate.
PENSIONI MINIME, DATO 20 VOLTE PIÙ INCORAGGIANTE
Il percepire una pensione Enpam di piccolo importo (che comunque corrisponde sempre, in proporzione, a una somma elevata rispetto a quanto versato) generalmente non corrisponde a situazioni di disagio. La controprova è offerta dal numero di pensionati ordinari che beneficiano dell’integrazione al minimo Inps: sono 258 su 114mila, cioè meno dello 0,25 per cento.
Per fare un paragone con la popolazione generale è possibile guardare al numero delle pensioni e degli assegni sociali erogati dall’Inps, che corrispondono al 5 per cento del totale delle pensioni pagate dall’istituto pubblico. A confronto, si tratta di un dato venti volte migliore. Da un lato questo indica che, nonostante la contribuzione obbligatoria molto bassa prevista in passato, la categoria medica e odontoiatrica ha saputo essere previdente e prepararsi al momento del pensionamento con un certo livello di riserve (ad esempio, il classico appartamento acquistato per essere messo in affitto). D’altro canto il fatto che le pensioni molto basse non siano molte consente all’Enpam, che non beneficia di trasferimenti da parte dello Stato, di mantenere un sistema sostenibile di prestazioni assistenziali subordinate a limiti di reddito. Ancora una volta, la previdenza di tanti, consente la solidarietà nei confronti di chi più ha bisogno.
Giancarlo Dagli