Sono d’accordo con l’idea della Collega apparsa sul Giornale della previdenza e anzi credo che vada approfondita e completata nel senso di trasformare le attuali specializzazioni (almeno le più importanti e differenziate) in corsi di laurea. Infatti l’enorme sviluppo di conoscenze, procedure e strumentazioni (anche al netto dell’applicazione prossima dell’Intelligenza Artificiale) rende impossibile, e una grande perdita di energie, il rincorrere nella pratica quotidiana conoscenze così distanti. Le specializzazioni di fatto sono già autonome.
Di qui la necessità di dover e saper lavorare in gruppo, quando necessario, e il costituire una laurea generalista che, tenendo al centro il malato nella sua interezza, lo sostenga e affronti i problemi più semplici (che possono essere anche rilevanti) e coordini poi quelli di approccio complesso tra più professionisti.
L’accesso alla laurea in medicina oltre ad essere programmato dovrebbe fin dall’inizio prevedere una scelta.
La medicina interna e la medicina generale dovrebbero quindi unirsi in un unico percorso di formazione e di lavoro, affianco alle altre discipline specialistiche come per esempio ematologia, gastroenterologia, nefrologia, pneumologia, cardiologia, neurologia ecc. Mentre queste ultime negli anni sono diventate specialità mature, la prima la cosiddetta Medicina Generale, soffre di una mancata valorizzazione, dovuta secondo me, oltre ad altre cause importanti, all’artificiosa separazione dall’ospedale.
In questo quadro la formazione universitaria e la programmazione iniziale di accesso agli studi (e in prospettiva al mondo del lavoro) sarebbero molto più facilmente attuabili e ci sarebbe sempre la possibilità di prevedere norme e strumenti di percorso per eventuali cambiamenti in itinere. Il tutto supervisionato da un rafforzamento a livello nazionale dell’Ordine dei Medici, questo sì unico, anche se strutturato in più Albi, come già avviene per l’Odontoiatria.
Penso che tutto ciò potrebbe ridare slancio, importanza e una più efficace organizzazione alla professione medica in generale (e quindi al Ssn), di cui mi sembra ci sia un gran bisogno ma poche idee pratiche…
Giocondo Bocciarelli
Gentile Dottore,
la ringraziamo per aver contribuito al dibattito. Da tempo l’Enpam sottolinea la necessità di un rinnovamento della medicina generale fin dagli anni dell’Università facendo in modo che gli atenei insegnino non più solo la medicina della diagnosi, tipica delle specializzazioni tradizionali, ma anche la medicina dei problemi, attività tipica dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta.
Sarebbe inoltre necessario intervenire sul percorso post-laurea che equipari la formazione in medicina generale alle attuali specializzazioni anche in termini di importo della borsa di studio perché si eviti di incorrere nel pregiudizio che la medicina generale sia un percorso di serie B.
Si inquadra in questo obiettivo il progetto sostenuto dall’Enpam sulle case di comunità spoke. Il progetto si fonda sul valore aggiunto del lavoro in équipe all’interno di studi che siano dotati di dispositivi e strumentazione tecnologica e sulla formazione specialistica della medicina di famiglia.
Lo scopo del progetto è di ridare slancio alla professione e di contribuire a un’organizzazione più efficace della medicina territoriale, passando da un modello con al centro l’ospedale a un’integrazione progressiva territorio-ospedale che vede la casa come primo luogo di cura.
N.B. Le risposte sono curate dalla redazione del Giornale della Previdenza dei Medici e degli Odontoiatri e non riflettono necessariamente il punto di vista dell’editore Fondazione Enpam