Il sistema base della previdenza francese prevede la ripartizione cioè un criterio che funziona come un’assicurazione collettiva. I lavoratori e i datori di lavoro finanziano le casse degli enti pensionistici versando contributi prelevati direttamente dal loro reddito e tutte queste somme, messe in comune, servono a pagare le pensioni.
La pensione non viene quindi finanziata con le somme versate dal diretto interessato, durante la sua carriera lavorativa, ma viene prelevata dalla cassa comune alimentata dalla popolazione attiva. I contributi sono calcolati in base ad aliquote fissate a livello nazionale e sono in parte a carico del datore di lavoro, in parte del lavoratore.
L’aliquota minima di liquidazione è fissata al 37,5 per cento. L’anzianità assicurativa, inclusi i periodi equiparati, permette di determinare l’aliquota di liquidazione della pensione tra l’età pensionabile e l’età di attribuzione automatica dell’aliquota piena (tra i 62 e i 67 anni per i nati dopo il 1° gennaio 1955).
SOLIDARIETÀ GENERAZIONALE
La solidarietà tra le generazioni è la regola base. Il regime generale riposa su una gerarchia di enti nazionali, regionali e locali, strutturati a seconda della natura del rischio, gestiti pariteticamente e posti sotto il controllo dei Ministeri incaricati della sicurezza sociale (Ministero delle Solidarietà e della Salute e Ministero dell’Economia e delle Finanze).
I tre principali sono il regime generale dei dipendenti del settore privato (80 per cento dei pensionati), la Mutua sociale agricola (Msa) per i lavoratori agricoli e il regime delle professioni indipendenti. I regimi speciali – 11 in tutto – riguardano i pubblici dipendenti, le aziende e stabilimenti pubblici (tra cui Banca di Francia, compagnia ferroviaria Sncf, metro parigina Ratp, ecc), ma, anche, le professioni autonome (avvocati) oltre al fondo di solidarietà per gli anziani.
Oltre al regime base, i dipendenti hanno l’obbligo di versare contributi a previdenze complementari, e durante la pensione percepiranno un secondo trattamento previdenziale. Si tratta di un sistema molto complesso in quanto ogni cassa funziona in base alle proprie regole. Generalmente sono basate su sistemi a punteggio, convertiti in euro, il cui importo si somma a quello delle pensioni di base. Ogni 10 euro di contributi versati equivalgono ad un punto. Oltre i 10 mila euro di stipendio lordo mensile non ci sono ulteriori diritti ai fini pensionistici.
Punti bonus potrebbero essere assegnati in determinate situazioni: disoccupazione, maternità, accompagno persona anziana o con disabilità. Regole diverse sono in vigore in base al regime pensionistico di appartenenza. Chi ha fatto lavori molto stancanti può andare in pensione a 60 anni. Chi ha lavorato nell’esercito, la polizia, nelle carceri o come vigile del fuoco può ritirarsi a 57 anni, in alcuni casi anche a 52.
Ma per usufruire del massimo livello pensionistico, chi è nato dal 1958 in poi deve aver versato contributi per almeno 41 anni e 9 mesi e per quanti nati dal 1973 in poi il minimo è 43 anni. La pensione col massimo livello retributivo è automatica a partire da 67 anni per quanti sono nati dal 1955 in poi.
COSA CAMBIA CON LA RIFORMA
Con la riforma l’età legale rimarrà invariata a 62 anni, ma per aver diritto al massimo livello pensionistico bisognerà aspettare i 64 anni, criterio che si applicherà per chi è nato dal 1963 in poi. Età poi destinata ad evolvere ulteriormente in base all’aspettativa di vita.
Per il calcolo della pensione vengono incrociati diversi fattori. Tra questi c’è la durata di attività, calcolata trimestralmente, il livello di reddito percepito durante i 25 anni migliori della carriera lavorativa o dei 6 ultimi mesi prima di andare in pensione per pubblici dipendenti e regimi speciali.
Per ottenere una pensione “a tariffa intera” il periodo contributivo richiesto passerà dagli attuali 42 anni (168 trimestri) a 43 anni (172 trimestri) entro il 2027, al ritmo di un trimestre all’anno La pensione minima sarà fissata all’85 per cento del salario minimo netto, cioè quasi 1.200 euro al mese a partire da quest’anno. Dal 1° aprile 2022 l’importo è già pari a € 1.146,68 al mese.
L’importo dell’assegno sociale ammonta a € 632,17 al mese. Nuove regole di calcolo sono previste più favorevoli per i genitori e a chi si occupa di una persona anziana o con handicap.
Claudio Testuzza