Mai come ora tra tempi di guerra, costi energetici, inflazione e recessione vale l’assunto secondo cui non c’è buona previdenza se non c’è buon lavoro. Abbiamo attraversato le incertezze della pandemia mantenendo salda la rotta grazie alla nostra bussola istituzionale che è fatta da quattro punti cardinali: autonomia, contributi, prestazioni e patrimonio, ciascuno di questi con le proprie peculiarità e potenziali criticità, derivanti anche dalle posizioni intermedie tra questi.
Penso per esempio al quadrante tra autonomia e contributi, e nello specifico al rischio corso, che sembrerebbe sventato, di passaggio alla dipendenza della medicina di famiglia. Oppure, in riferimento al settore compreso tra patrimonio e prestazioni, all’ormai ricorrente invito a investire il patrimonio della Fondazione nell’economia reale del Paese, saltando a piè pari il dovere istituzionale di investire in logica di protezione del capitale per finanziare le prestazioni, ed eventualmente le attività di quelle libere professioni il cui ruolo è ritenuto motore di sviluppo e di crescita per l’economia nazionale.
Penso che il riferimento alla bussola sia ancora attuale e che i nuovi rischi che arrivano dai versanti intermedi rappresentino altrettanti nodi cruciali del lavoro che dovremo affrontare.
Nel pieno della pandemia pochi avrebbero immaginato l’ulteriore scenario critico di una guerra vicino a casa, della sua escalation e di tutto quello che ne è seguito e ancora seguirà. Siamo di fronte a una crisi geopolitica internazionale caratterizzata da diverse strategie antinflattive e antirecessive tra Stati Uniti ed Europa, che stanno già condizionando l’attuazione del Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr).
Gli interventi previsti dal Piano non sono stati modificati ma sono inevitabilmente influenzati dalle nuove condizioni e soprattutto dai nuovi costi. Mai come ora dovremmo essere pre-videnti cercando di anticipare con un approccio logico il tempo che verrà, nello stesso tempo considerando l’attuale problematica realtà lavorativa.
Se il bilancio preventivo dello scorso anno è stato suggellato dalla domanda “ha avuto un senso la privatizzazione?”, e abbiamo dimostrato che in effetti aveva senso, oggi il concetto chiave è “una buona previdenza non può prescindere da un buon lavoro”.
Ciò vale anche se verosimilmente ci stiamo proiettando verso un periodo di bilanci grami, che possiamo però affrontare usando il “fieno accumulato in cascina” in più di dieci anni di previdenti gestioni e accantonamenti, derivanti dalle nostre riforme delle pensioni e delle modalità di gestione del patrimonio.
L’impegno della Fondazione dovrà necessariamente concentrarsi sul lavoro e sulla nuova organizzazione del Servizio sanitario nazionale, sotto l’egida del Pnrr e delle sue eventuali evoluzioni. Quello che appare certo è che il piano di rilancio si basa sull’accordo per cui i finanziamenti Comunitari verranno erogati se a livello nazionale saranno messe in atto le riforme richieste, al fine di coordinarci maggiormente con l’Europa.
Oggi l’assetto geo-politico europeo, anche in conseguenza dei venti di guerra che soffiano, non appare così compatto come una certa iconografia in tempo di pace intendeva trasmettere. Ci sono infatti linee di contrasto, se non di vera e propria frattura, tra le politiche nazionali, dettate dalle diverse esigenze e convenienze, che non sembrano trovare soddisfacente risposta e rappresentanza nella visione unitaria europea.
Da un lato abbiamo infatti i Paesi mediterranei, dove talvolta l’esposizione al “mare nostrum”, con le sue potenzialità e le sue problematiche, appare l’unico legame tra loro esistente. Dall’altro i cosiddetti Paesi continentali, rigorosi ed efficientisti, che esternamente invocano frugalità mentre al bisogno adottano politiche selettive di autotutela. Mentre la fascia ad est, che non può scrollarsi di dosso la parte di Storia legata al Patto di Varsavia, vive di riflesso con visioni comunitarie disomogenee e pulsioni sovraniste.
Nell’attuale situazione gli elementi di diversità – che caratterizzano questa tripartizione fra Paesi mediterranei, frugali e della fascia ad est – da potenziali fonti di arricchimento stanno diventando motivo di divisione. Questo è uno scenario da monitorare attentamente anche in vista di possibili conseguenze economiche e sociali, collegate ai rincari energetici e dei beni di consumo, agli effetti della de-globalizzazione sulla logistica delle catene di approvvigionamento e alla perdita del potere d’acquisto causato dall’inflazione.
Ecco perché l’attenzione massima da parte della Fondazione sarà focalizzata sul lavoro medico e sulla professione. Difenderemo la professione medica, che dovrà essere necessariamente adattata al cambiamento, e l’atto medico che ne è parte caratterizzante. Pretenderemo che i modelli organizzativi non prevalgano sul fattore umano e sulla forza lavoro che il capitale umano è in grado di sviluppare.
Il Servizio sanitario nazionale è reduce da anni di sottofinanziamento, che è stato pagato soprattutto dalla sua componente professionale, e di mancanza di un’adeguata programmazione. Dopo le risorse aggiuntive stanziate per le fasi consequenziali alla pandemia, dal 2025 ci troveremo di nuovo ad affrontare un finanziamento inferiore ai bisogni dei cittadini e alle esigenze del sistema.
Non indifferente sarà anche la ridefinizione dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, per renderli effettivamente disponibili e appropriati, pur nella non ottimale ripartizione di ruolo e competenze fra Stato e Regioni.
Non possiamo certamente leggere il futuro, ma possiamo cercare di fare pre-videnza, nel vero senso etimologico del termine, anticipando logicamente eventuali scenari e attuando le strategie necessarie per affrontare le sfide. La medicina cambierà sotto l’impulso della tecnologia. Non solo la telemedicina, che peraltro è un insieme di attività non ancora uniformemente disponibili dalla popolazione e non sempre di provata efficacia.
Si avrà uno sviluppo della medicina predittiva, della medicina di precisione sempre più personalizzata e anche della modellistica organizzativa, per tentare di risolvere problematiche legate alla prevenzione trascurata, alle liste d’attesa, al corretto dimensionamento tra capitale umano professionale clinico e quello manageriale, tecnico e amministrativo. Sono impegni importanti.
Continuo a pensare che l’Enpam, che vive della medicina praticata sul territorio – la medicina distrettuale – debba soprattutto concentrarsi sul rapporto fiduciario che sta alla base di questa macroarea. Il rapporto fiduciario è il suo vero valore fondante. La medicina di famiglia è centrata sulla relazione, che è già tempo di cura, tra medico e cittadino e tra medico e genitori del bambino.
Lo scrigno che custodisce questo valore è lo studio professionale, che è poi la vera concretizzazione del concetto di prossimità, indispensabile sia per l’attività convenzionata che per quella libero professionale, fermo restando l’ospedale come luogo dell’approccio alle acuzie. Vi sono seri dubbi, infatti, che la Casa di comunità così come è stata prospettata possa essere il contenitore adeguato a questo valore aggiunto. Potrà però coordinarne l’esercizio se verranno fatti i cambiamenti necessari per raggiungere una corretta integrazione interprofessionale in una logica di medicina di comunità.
L’Enpam difenderà il valore aggiunto della fiduciarietà e della prossimità come scelta di campo, anche valutando un impiego del suo patrimonio in un approccio mission related che si proponga di sviluppare e qualificare la rete degli studi professionali, dotandoli della tecnologia e della connessione oggi indispensabile per un approccio multiprofessionale alla diagnosi e cura dei problemi clinici, alla presa in carico della cronicità e plurimorbidità, all’approccio alla fragilità e alla palliazione, alla prevenzione d’iniziativa, sia medica che odontoiatrica.
In logica di interesse pubblico collettivo, cercheremo di promuovere il Piano d’azione congiunto One Health dell’Organizzazione mondiale della sanità per prevedere, prevenire, rilevare e meglio rispondere alle minacce per la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell’ambiente, contribuendo a uno sviluppo sostenibile e al contenimento del cambiamento climatico.
Appare evidente che la chiave di volta strategica per sostenere il lavoro medico sia la formazione, dagli studi pre-laurea con i licei a curvatura biomedica, passando per gli studi universitari, fino alla formazione post-laurea specifica e permanente. In questo appare fondamentale il ruolo degli Ordini professionali, nel rapporto con i Dicasteri coinvolti, con le Università e con le Regioni, oltre che con i professionisti e le loro organizzazioni di riferimento.
Per quest’obiettivo, un’importante iniziativa è la piattaforma Enpam Tech2Doc, uno strumento gratuito di formazione e informazione sulla frontiera avanzata della salute digitale e sulla conoscenza tecnico scientifica, dedicato a tutti gli iscritti. Grazie a questo strumento è possibile ampliare il livello di competenza e conoscenza della propria professione. L’obiettivo di quest’iniziativa è di contribuire al recupero dell’autorevolezza e della rilevanza sociale della professione medica e odontoiatrica, restituendole al contempo orgoglio, passione, dedizione e la motivazione alla professione.
La qualità del lavoro è l’elemento fondante di una previdenza efficiente, capace cioè di realizzare progetti e di raggiungere gli obiettivi al minor costo e nella maggiore sicurezza possibile. Dare il massimo sostenibile agli iscritti rimane il nostro impegno principale. Nel farlo dovremo probabilmente rivedere i criteri stessi di sostenibilità, raccordandoli all’esigenza sempre più pressante di dare sostegno e supporto immediato ai professionisti, talvolta anche in supplenza dello Stato.
In tal senso insisteremo sull’ampliamento dell’utilizzo della fiscalità di scopo, sulla defiscalizzazione degli investimenti che hanno un indubbio valore di interesse comune, e su una vigilanza più attenta al risultato, cioè più focalizzata sull’efficienza che sui percorsi operativi che si intraprendono per raggiungere il fine.
Continueremo a chiedere un assetto giuridico e legislativo semplificato, più stabile e più coerente con la nostra finalità istituzionale, fatta di autoregolamentazione e di autonoma capacità di riformarci. Con queste azioni vogliamo comunicare al nuovo Governo e al nuovo Parlamento, cui vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro, il senso del nostro impegno, supportato dalle cifre e dai riscontri, anche quelli relativi al sacrificio dei colleghi caduti sul lavoro, proponendo la nostra collaborazione nel settore che ci compete, nella convinzione di poter essere utili alla ripresa e allo sviluppo del Paese.
Alberto Oliveti
Presidente della Fondazione Enpam